Papà, giochiamo, che io sono la mamma che va al lavoro?

Oggi parteciperò alle Italian Sessions, gli incontri dedicati al futuro del nostro Paese, in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni, organizzati da Telecom Italia in collaborazione con la Scuola Holden di Torino. Oggi il tema sarà “Italia: Femminile, Plurale”.
Chi mi conosce sa che dico spesso la mia ai momcamp. Porto la mia esperienza e le mie personali, ma spesso condivise, osservazioni sul nostro ruolo nella società odierna.

Oggi partirò da lontano, mi serve fare il punto.
Mia nonna paterna, una donna istriana, forte ma lunatica, nel 1942 lasciò il marito e portò mio padre in collegio. Poi s’imbarcò come infermiera nelle navi da guerra. La mia mamma, nel lontano 1973 abbandonò il tetto coniugale. Lo so che è una definizione che non siamo più abituate a sentire, per fortuna, ma in quegli anni era ancora molto in voga. Era già scappata da un’altra famiglia, sposandosi, in cerca di una sua autonomia. Se la cavò da sola, ma non avrebbe potuto badare a sé stessa ed a noi figli, in una società che non tutelava ancora certi diritti.
Sono cresciuta da sola, ma con un’idea chiara: le donne lavoravano. A loro modo, le donne di casa, me lo hanno insegnato.

Il pensiero comune vuole che soltanto le donne che sono madri e mogli siano sensibili alle tematiche femminili di un certo tipo. Io non la penso così, e vi cito la mia amica Mafe, né madre né moglie, che pochi giorni fa, ha linkato un articolo molto interessante sulla situazione giuridica delle coppie che si separano. La conclusione amara dopo tante analisi del legale che scrive, è che questo sistema avvantaggi soltanto i padri assenti e le madri prepotenti.

Come dire che abbiamo fatto veramente poca strada.
Me ne sono accorta anche oggi leggendo sul Corriere della Sera il profilo dei ministri di questo governo tecnico. Tre donne preparate in tre posti importanti. Mi spiegate perché chi scrive ci tiene a dire che ad Anna Maria Cancellieri (Interni) piaccia la buona cucina, che abbia quanti nipoti e figli, e che di Paola Severino (Giustizia) che ama i viaggi e il teatro?
Sugli uomini, nessuna notizia di questo tipo, neanche l’assetto familiare vissuto. Tranne per Piero Gnudi (Turismo e Sport) di cui si racconta di una delle sue figlie che ha avuto un figlio da un noto comico. (il gossip tira, si sa)

Conosco un papà separato (nato sotto il segno della Vergine) che ha orgogliosamente calcolato la percentuale del suo tempo con le figlie rispetto a quella della madre: 48% contro 52%

Appunto il tempo: Se due genitori lavorano a tempo pieno, nessuno di loro due potrà stare con i figli nel pomeriggio. Inutile raccontarsela.

Come al solito, il part-time lo chiederà la madre perché è la persona che guadagna meno. Poi la madre rimarrà indietro professionalmente, si occuperà dell’educazione dei figli e della casa e manderà a ramengo tutto il resto… Da regolamento no?

Sono stanca di sentir dire che bisogna crescere i propri figli e stare con loro, se poi oggettivamente questo tempo, per chi lavora, è sempre più risicato.

Le donne guadagnano meno: è vero. Ma è anche vero che le donne continuano a cercare il “maschio alfa” e l’uomo la donna che lo fa sentire tale. Altrimenti la situazione sociale sarebbe diversa.

Ma le donne oggi sono diverse, almeno un po’. L’altra sera avevo a cena Claudia e Neva, due amiche non ancora trentenni.

Sono diverse per fortuna. Sono vegane, ecologicamente attente, vivono delle relazioni sentimentali senza aspettare il principe azzurro, viaggiano. Lavorano, mantenendo il giusto equilibrio tra ambizione, spirito d’autonomia, ideali e passioni.

Confido in loro, sono pronta a offrire il mio appoggio, le mie critiche e i miei consigli.
Loro sono diverse, come noi lo siamo dalle nostre madri. Amen.

Infatti ho preparato loro “Quattro stracci in padella4 stracci in padella così chiamati da Claudia.

Pasta artigianale Fabbri con le verdure di stagione. Poi aggiungerò la ricetta…

Adesso scappo alle Sessions

 

Fare la mamma non è un mestiere

Sono stati anni intensi quelli vissuti da mamma. Anni che non avevo previsto e che mi hanno regalato emozioni, riflessioni ed esperienze. Tutto questo però, non mi ha mai fatto pensare che “fare la mamma” fosse un mestiere, infatti nel mentre, ho lavorato e posso dire che le ho provate proprio tutte: il part-time, il tempo pieno, il lavoro autonomo e quello un po’ meno autonomo, con più o meno successo. Devo dire che la situazione peggiore in assoluto è stato lavorare da casa. Lo so, molte mamme dicono esattamente il contrario, ma è perché, o non lo hanno mai vissuto e quindi ne subiscono il mito, oppure perché zittiscono qualche senso di colpa (inutile e dannoso senso di colpa). Se ti occupi di un bambino non puoi lavorare, e se lo fai, lo fai male. Pochi lo dicono, preferiscono parlare di multitasking e vantarsene. Bene io mi sono stancata. Ne avevo anche parlato nel mio precedente blog, della sindrome di wonder woman. Ne ho parlato anche ampiamente in una presentazione Il tempo è elastico

In Italia la mamma ha ancora un peso insostenibile, come istituzione, immagine e quant’altro. Questo peso ci ha danneggiato fortemente e non ci ha spinto come nel resto del mondo, a chiedere aiuto nell’evoluzione di questo ruolo, all’interno della famiglia, ed all’esterno: socialmente e politicamente. La storia delle donne di casa mia è decisamente particolare, ma mi ha aiutato a capire molte cose: la nonna Maria, istriana e determinata, mollò il marito, e partì come infermiera sulle navi da guerra. Suo figlio (mio padre) crebbe bene con le sue zie finché lei non s’ingelosì. Mia madre si sposò per fuggire alla famiglia e scappò anche da quella che creò. Tutte e due, a loro modo, mi hanno segnato. Tutte e due avevano il lavoro come massimo valore.

Penso che nessuna madre debba passare alle proprie figlie l’idea che “fare la mamma” debba voler dire rinunciare alla propria realizzazione. La società è cambiata e noi facciamo ancora fatica a capirlo.

Parlerò volentieri del futuro delle mamme al Momcamp, voi ci sarete?

La famiglia secondo Blanca